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pubblicato per informazione
Il quarto rapporto della Fondazione Finanza Etica traccia una sorta di mappa di un settore che nella sola Europa nei primi tre mesi del 2021 ha assunto un valore di circa due miliardi di dollari al giorno
La scelta dell’istituto di credito non è qualcosa che tendiamo a considerare tra le nostre decisioni di sostenibilità, anche perché per la grande maggioranza delle persone una banca vale l’altra, si tende a restare anche per decenni dove si è aperto il primo conto all’inizio dell’età adulta. E quando si sceglie o si decide di cambiare, quello che si tende a prendere in considerazione sono i servizi collegati (come l’online banking, la possibilità di fare bonifici rapidi, i costi), i tassi d’interesse ed eventuali promozioni collegate. Eppure il fattore della sostenibilità etica e ambientale non è così difficile da valutare, con un pizzico di indagine in più.
Quello che emerge non è un quadro particolarmente confortante: i maggiori istituti bancari del pianeta non hanno una politica definita riguardo alle scelte di sostenibilità del loro business, e, ad esempio, dagli accordi di Parigi del 2015 hanno pompato nel ramo dei combustibili fossili quasi quattro milioni di miliardi di dollari. Potremmo scoprire, quindi, che quel tasso d’interesse conveniente o quel bonus annuale per l’uso della carta di credito è finanziato dagli investimenti della nostra banca in imprese ad alto impatto ambientale, industrie del tabacco, multinazionali agricole che non applicano politiche sostenibili sulla deforestazione. E anche dove si annunciano iniziative a tutela dell’ambiente, spesso si tratta di un mero “greenwashing” che non affronta il problema alla radice. Più che “piantare un albero per ogni contro aperto” o destinare delle piccole percentuali a imprese benefiche, quello che conta è dove si concentra il focus di investimenti e prestiti della banca stessa.
Per capire se la banca o l’assicurazione a cui ci affidiamo rispetta criteri di sostenibilità, possiamo consultare il sito di Standard Ethics, agenzia di rating indipendente con sede a Londra, che mette a disposizione classificazione e relative proiezioni di banche e altre grandi aziende. In Italia nessuna tra l’EP banche o gli asset manager ha mai raggiunto la valutazione massima (EEE), ma si trova comunque una discreta scelta tra chi totalizza un rating EE+. Oppure ci si può rivolgere agli istituti di finanza etica, che nel periodo della pandemia in tutta Europa hanno svolto un ruolo importante nel concedere linee di credito alle realtà colpite dalla crisi.
Il quarto rapporto della Fondazione Finanza Etica parla di un interesse per la finanza sostenibile in crescita in Europa: nei primi tre mesi del 2021 circa due miliardi di dollari al giorno, la metà di tutti i soldi investiti in fondi in Europa, sono stati investiti in fondi sostenibili, e cioè che rispettano criteri ESG (ambientali, sociali e di governance). Ma questi indicatori, a detta della Fondazione, hanno spesso una distorsione di fondo, e cioè consentono di compensare nel computo finale le violazioni con le politiche positive. Non solo, le nuove regole approvate dall’UE in materia favoriscono il greenwashing e applicano criteri troppi laschi nel definire la sostenibilità di un fondo. Secondo i dati di analisi Morningstar l’aumento esponenziale dei “fondi sostenibili” è stato ottenuto abbassando l’asticella.