Con lo scopo di comunicare, riportiamo l’articolo a firma Cristina Lazzati del 16 Agosto 2021 pubblicato sul sito di Repubblica e reperibile al link https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/trend/2021/08/16/news/brand_pubblicita_efficace_sostenibilita_-314229552/
Le aziende, alle prese con gli obiettivi ambientali e sociali, rischiano che il messaggio venga mal interpretato. Ecco alcuni consigli su cosa fare e le azioni da evitare.
Assodato che oggi i brand debbano abbracciare un cammino di “valore” nel campo della sostenibilità ambientale e sociale, è tutto da vedere come questo (costoso) cammino possa diventare un asset agli occhi del cliente finale. Uno studio di Kantar BrandZ, focalizzato sui consumatori asiatici, particolarmente appetibili (oggi ancora più di ieri) per i brand occidentali apre una finestra su un tema particolarmente scottante come sottolinea Jamie Mismanos, senior consultant di Kantar: “Siamo nell’era della ‘fatica dello scopo’ e un sacco di pubblicità, per quanto mirata, non riesce a farsi sentire. Questo è spesso dovuto al fatto che i marchi parlano di ambiente ma non collegano nulla alle questioni che contano davvero per i consumatori. Un marchio potrebbe dire ‘Ci siamo impegnati a essere Carbon Neutral entro il 2035’, ma cosa significa veramente? Infatti, il 62% degli asiatici teme che i brand siano coinvolti in questioni sociali solo per ragioni commerciali. Perché uno scopo abbia successo, deve essere al centro del proprio marchio”. La domanda da porsi è: cosa conta veramente per il mio cliente? Kantar elenca quattro principi su cui basare la propria strategia.
No. Niente azioni mordi e fuggi solo perché un’azione è “trendy”. Niente opportunismi che durano pochi giorni. Nessuna deviazione dal percorso di marca, che deve essere coerente, altrimenti il rischio è diventare irriconoscibile.
Sì. Lo scopo deve essere credibile, collegato alla storia del marchio, rappresentarne eventualmente un’evoluzione. La premessa deve essere chiara, così come il punto di partenza, inutile accampare scuse per il passato o vantare meriti che non ci sono stati. Attenersi a linee guida condivise, come suggerisce Mismanos, come possono essere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, identificandone le aree più in linea con la posizione attuale del brand e i suoi possibili sviluppi futuri.
No. Ci saranno momenti difficili, ostacoli da superare, ma è necessario andare avanti. Fermarsi, o peggio tornare indietro, non solo azzererà quanto già fatto, ma potrebbe avere ripercussioni negative sulla brand equity. L’accusa di insincerità è sempre dietro l’angolo.
Sì. Coerenza e fiducia: una volta scelto lo scopo non si può recedere o patteggiare con esso. Sarà necessario difenderlo e diventarne una voce, essere rappresentativi di chi segue il brand per comunanza di intenti. Non solo partecipativi, ma attivisti della causa che si è sposata. In sintesi, prendere posizioni chiare anche se non sposate da tutti perché, come afferma Mismanos, “i marchi propositivi sono marchi coraggiosi”.
No. Attivato scopo del brand, è necessario impostarne la strategia. Niente tentennamenti o supposizioni, meglio studi seri sul sentiment dei consumatori, così da non perderli di vista.
Sì. La strategia deve trovare spazio nelle dinamiche del mercato e dei consumatori: per farlo bisogna conoscerne esigenze e motivazioni, così da poter trovare il linguaggio giusto per comunicare con essi. Si potrebbe trattare anche di scoperchiare pregiudizi o false credenze con lo scopo di migliorare l’assetto sociale. Non è qualcosa che si può fare in pochi passi o con un paio di campagne: è un’evoluzione nel tempo che richiede costanza e capacità di adattamento.
No. Conferenze stampa e press release con promesse future. Annunciare solo ciò che si è già fatto, in maniera chiara e fattuale.
Sì. È un percorso e, come tutti i percorsi, deve avere tappe e obiettivi condivisi. La causa, lo scopo, devono essere al centro della strategia aziendale e tutti i team devono essere allineati, ognuno con il proprio compito ma, come un mosaico, devono potersi ricomporre per formare un unico disegno. Importante monitorare i progressi, verificare che non ci siano deviazioni e che l’azienda sia coerente con quanto dichiara non solo all’esterno, ma anche al propri interno. L’azienda deve “vivere” quello che dice.