Chiunque abbia studiato management ha incontrato le teorie e i modelli di Michael Porter; le 5 forze competitive sono uno degli “incontri” ineludibili studiando marketing strategico, così come la catena del valore è uno strumento essenziale anche per “operations”. Diventa così interessante capire come si è sviluppata la sua riflessione sui temi della sostenibilità, e dello sviluppo del business in una fase di cambiamenti ambientali, sociali ed economici così importante e “differente” rispetto al passato. Riportiamo qui un articolo trovato sul Network Digital4 di cui riferiamo il link (https://www.digital4.biz/).
01.08.2017
Parla il guru del management strategico, padre dei modelli delle 5 Forze Competitive e della Catena del Valore: “L’opinione pubblica oggi vede le imprese come la causa di molti problemi sociali ed economici: bisogna cambiare questa percezione con modelli di business diversi, in cui alla generazione di profitto si affianchino benefici per la comunità e il pianeta”. È la teoria del valore condiviso.
Michael Porter: “Sociale e ambiente devono entrare nel core business”
Per la prima volta nella storia dopo la rivoluzione industriale dell’inizio dell’800, sembra che si stia sviluppando una sorta di “rottura” tra il mondo economico e la società, un allontanamento tra le imprese e le persone.
Michael Porter, il “guru” della strategia d’impresa conosciuto in tutto il mondo per modelli come la Catena del Valore o le cinque forze competitive, ha realizzato che le organizzazioni non stanno più affrontando le tradizionali sfide competitive che storicamente egli aiutava a risolvere, bensì si trovano davanti a una situazione completamente nuova, una sfida completamente diversa.
“Nei decenni scorsi, almeno negli Stati Uniti, le imprese erano il posto in cui i lavoratori desideravano essere – commenta Porter -. Ma oggi non è più così. L’idea che le organizzazioni esistono con l’unico scopo di massimizzare il ritorno per gli azionisti non piace più all’opinione pubblica. Quando i benefici hanno iniziato a ridursi, i posti di lavoro e i salari a diminuire, la società ha cominciato a mettere in discussione questo modello. Perciò le imprese ora devono cambiare mentalità, mettere a punto nuovi modelli di business, stabilire nuove prospettive dalle quali studiare il mercato e se stesse”.
Porter stesso ha piantato un primo seme per questo cambiamento, coniando il concetto di “valore condiviso”, che spiega in questa intervista (…)
Cosa significa “valore condiviso”?
Significa occuparsi di una problematica sociale, di una sfida sociale, come quella dell’acqua, dell’alimentazione o della salute, e qualche volta ottenere anche un guadagno. Deve essere concepito come un vero e proprio business, invece che come un atto di beneficenza o donazione. Bisogna trovare il modo di affrontare questi aspetti in modo profittevole. Il valore condiviso risiede in tutta la catena del valore (nei prodotti, nei clienti, nei fornitori, …) ma anche nelle istituzioni della comunità in cui è inserita l’impresa. Molte organizzazioni sono eccellenti nel soddisfare le necessità dei clienti tradizionali, ma se approfondissero il concetto di valore condiviso scoprirebbero enormi potenziali di crescita. Vedrebbero aprirsi nuovi mercati, nuove esigenze non ancora soddisfatte, nuovi modi di fare business, e per di più gestendo meglio l’impatto sull’ambiente e sulla comunità. Lo so che sembra incredibile, ma è così: il principale terreno per l’innovazione e la crescita non è né la finanza né la tecnologia, bensì le questioni sociali e ambientali.
Può fare degli esempi di imprese leader che stanno affrontando questo cammino?
Un caso interessante è quello dell’industria farmaceutica. I laboratori hanno sempre costruito la loro fortuna servendo un numero molto limitato di clienti. Dato il loro modello di business, il loro livello di prezzi e le loro modalità di distribuzione dei prodotti, hanno sempre ignorato quasi 6 miliardi di persone, le quali però avevano la medesima necessità di farmaci di chiunque altro. Le aziende farmaceutiche non hanno mai affrontato questa necessità, perché non la consideravano un mercato reale. Ora, con la nuova mentalità, stanno guardando questo mercato potenziale sotto una nuova luce. Si rendono conto di averlo sottovalutato fino a ora.
Questo nuovo modo di pensare implica un nuovo modo di fare le cose?
Ovviamente sì. Quando Novartis iniziò a vendere farmaci nelle comunità rurali dell’India, si trovò di fronte un mercato composto da un miliardo di persone. Ma non poteva continuare ad usare lo stesso sistema adottato per vendere farmaci in Svizzera, in Inghilterra o negli Stati Uniti. In India non c’era un solido sistema sanitario, e tantomeno consumatori con un alto livello di educazione, cosicché Novartis ha dovuto inventare una catena di valore completamente nuova. Ma ha imparato molto, grazie a questa esperienza, potendo poi applicare questi insegnamenti al suo business tradizionale. Paradossalmente una grande fonte di innovazione deriva da un contesto che è considerato terzo mondo, da cui nessuno avrebbe immaginato di poter ricavare modelli innovativi.
Se guardiamo lo scenario globale, le più grandi opportunità di mercato derivano dai più grandi problemi che l’umanità deve risolvere. Durante questi ultimi 50 anni stiamo vivendo un momento di stabilità, nel quale abbiamo applicato modelli consolidati. Ora però questi modelli stanno perdendo validità: l’abituale e il conosciuto non funzionano più. E questo è un fatto molto positivo.
Quali sono le differenze tra il valore condiviso e la CSR, la Corporate Social Responsibility?
La responsabilità sociale d’impresa consiste fondamentalmente nell’investire le risorse dell’azienda in azioni da buon cittadino, che significa per esempio riciclare i rifiuti, fare donazioni per cause sociali, aumentare la trasparenza e così via. Il valore condiviso invece si riferisce al “core business” dell’impresa, e richiede di gestirlo in un modo nuovo, diverso. Richiede di inventarsi un nuovo modello di business, ma creare valore condiviso significa comunque creare profitto per gli azionisti. Perciò la differenza fondamentale è che, da un lato, si fa qualcosa di separato dall’attività primaria dell’azienda, destinando risorse a cause nobili. Dall’altro lato invece si integra la variabile dell’impatto sociale e ambientale nel core business stesso dell’azienda, mantenendo l’obiettivo finale di creare valore economico.
Il mondo delle imprese ha capito il concetto di valore condiviso?
C’è grande confusione. Le imprese confondono esattamente i due punti di cui ho appena parlato. Sostengono di star creando valore condiviso, ma ciò che realmente stanno facendo è togliere risorse dal proprio business per fare beneficenza. Non stanno incorporando l’aspetto sociale e ambientale nel core business. Ci sono enormi problemi nelle comunità di tutti i paesi del mondo, e manager e imprenditori fanno un’enorme fatica a trovare modi positivi per affrontare queste questioni. La chiave è farlo sfruttando la conoscenza del business, invece che mettendosi nelle vesti di benefattori e filantropi. Agendo come imprese e non come enti di beneficenza, sono la forza più potente che l’umanità ha a disposizione per affrontare le questioni ambientali e sociali. Tutto inizia con un cambio di mentalità, definendo il ruolo delle aziende nella società. Sempre più imprese stanno realizzando di poter giocare un ruolo più importante rispetto ai problemi sociali e nel contempo benefico per i propri risultati di bilancio. Non si tratta né di carità né di patriottismo. Si tratta di far sì che il business funzioni in modo più efficace ed efficiente, con processi di creazione di valore condiviso.
Chi è Michael E. Porter
Michael E. Porter, Bishop William Lawrence University Professor della Harvard Business School, è forse la massima autorità mondiale di strategia competitiva: i suoi libri Competitive Strategy, Competitive Advantage, Competitive Advantage of Nations e On Competition degli anni ’80 e ’90 contengono teorie di management insegnate nelle Business School di tutto il mondo, tra cui il Modello delle 5 Forze Competitive, la Catena del Valore, i vantaggi competitivi di Costo, Differenziazione e Specializzazione, e il Modello del Diamante sul successo delle nazioni.
Laureato in Aerospace Engineering a Princeton, Porter ha poi ottenuto un MBA alla Harvard Business School, dove ha svolto tutta la successiva carriera di docente. Nel 2000 la stessa HBS e la Harvard University hanno fondato l’Institute for Strategy & Competitiveness appositamente per dare una sede alle sue ricerche. Ricerche che nel tempo, oltre che sulla strategia d’impresa e sull’analisi dei settori, si sono concentrate su sviluppo economico e competizione delle nazioni, politiche ambientali, e ruolo sociale delle corporation, lavoro quest’ultimo coronato con la teoria del valore condiviso, enunciata con Mark Kramer. Porter ha anche studiato il settore health care, con un libro (Redefining Health Care, con Elizabeth Teisberg) e diversi articoli.
Ha fondato quattro ONG – The Initiative for a Competitive Inner City, the Center for Effective Philanthropy, la strategy firm FSG, e the International Consortium for Health Outcomes Measurement – ed è autore di 19 libri e oltre 120 articoli, sette dei quali – un record – hanno vinto il McKinsey Award per il migliore articolo dell’anno sulla Harvard Business Review.